Convento dei Frati
Nel V secolo, vi si insediarono le comunità di eremiti fuggiti dalla Siria. Anche se le fonti sono incerte, è verosimile la tradizione secondo cui nel 1218 Francesco ricevette dai monaci benedettini la cappellina di Santa Caterina, che costituisce il nucleo più antico dell’eremo.
L’antico oratorio di San Francesco, è situato all’interno del convento e la pietra che sorregge il cippo dell’altare pare sia stata utilizzata dal “poverello d’Assisi” come giaciglio.
All’interno della cinta di clausura si trova la cappella di Santa Caterina d’Alessandria o Porziuncola di Monteluco; si tratta di un antichissimo romitorio, per secoli dedicato alla santa orientale che evoca il movimento eremitico siriano del VI secolo e segna l’inizio dell’eremo francescano.
Nel piccolo cortile a sinistra si trova la cappella di San Bernardino, eretta dieci anni dopo la morte del santo, più volte trasformata nel tempo.
L’oratorio di Sant’Antonio da Padova, è stato ricavato dai locali della vecchia legnaia negli anni cinquanta allo scopo di offrire spazio sufficiente ai fedeli della parrocchia durante le funzioni pastorali. Nel 1994 è stato completamente ristrutturato.
La piccola chiesa dei SS. Francesco d’Assisi e Caterina d’Alessandria conserva al suo interno alcune opere rilevanti: la cappella di destra è dedicata al beato Leopoldo da Gaiche, effigiato nella tela d’altare di Giuseppe Moscatelli; il suo corpo è racchiuso in una cassa trasparente posta sotto l’altare.
All’interno del Santuario sono ancora visibili le cellette antiche dei frati: le sette piccole celle, superstiti del vecchio dormitorio, sono le stesse, secondo la tradizione, costruite da Francesco e dai suoi compagni. La povertà dei materiali utilizzati e la loro ristrettezza sono la testimonianza più suggestiva, ma al tempo stesso più rigorosa, del significato più autentico della povertà francescana.
Pozzo di San Francesco
Il pozzo è situato nel cortile, è il luogo centrale dell’eremo; secondo la tradizione, per trovare l’acqua, il santo indicò di scavare nel punto più alto e, tra lo scetticismo dei compagni, che ritenevano il punto inadatto, l’acqua cominciò a sgorgare nel pozzo.
Grotte del Beato Leopoldo
Bosco sacro
La millenaria importanza della foresta è testimoniata dal nome stesso (lucus = bosco sacro) e dalle antiche, severe norme di protezione testimoniate dalla Lex Spoletina: primo esempio di regolamentazione forestale costituita da iscrizioni su pietra del tardo III secolo a.C., scritte in latino arcaico, che stabiliscono le pene per la profanazione del Bosco sacro dedicato a Giove.
«Honce loucum – neque violatod – neque exvehito – neque exferto quod louci siet – neque cedito – nesei quo die res dei anua fiet – eod die quod rei dinai causa fiat sine dolo cedere licetod -sei quis scies violasid dolo malo – iovei bovid piaclum datod a .CCC. moltai suntod eius piacli moltai dicatori exsactio estod»
traduzione:
«Questo bosco sacro nessuno profani, né alcuno asporti su carro o a braccia ciò che al bosco sacro appartenga, né lo tagli, se non nel giorno in cui sarà fatto il sacrificio annuo; in quel giorno sia lecito tagliarlo senza commettere azione illegale in quanto lo si faccia per il sacrificio. Se qualcuno [contro queste disposizioni] lo profanerà, faccia espiazione offrendo un bue a Giove ed inoltre paghi 300 assi di multa. Il compito di far rispettare l’obbligo tanto dell’espiazione quanto della multa sia svolto dal dicator»
Il Belvedere
La ampia e suggestiva piazzola si trova nel bosco sacro, vicino agli eremi.
Per raggiungerla si entri nel bosco sacro dalla entrata vicina al convento, si giunga al cippo sacro e si volti a destra. si apriranno quattro sentieri, si prena il secondo da sinistra.
Nonostante sia in parte coperto da alcuni alberi, il panorama che offre il belvedere è mozzafiato. Tanto che vi è riportata, scolpita su pietra, la celeberrima frase di San Francesco “Non vidi mai nulla di più bello della mia valle spoletana”